La vita è un piatto di pasta.
Anche se non sei italiano, cioè.
...
Un fisico avrebbe potuto usare il moto browniano.
Un informatico la logica Fuzzy.
Un anglofono avrebbe detto
- Such a mess!
Ma io sono italiano, di media cultura e temo di scarse risorse lessicali, quindi ho scelto una bella agliooliopeperoncino.
Che tra l'altro non digerisco.
Davanti a un piatto di spaghetti nessuno sta a seguire un vermicello.
Tra i rebbi si incastrano tutti indiscriminatamente, la forchetta li arrotola senza preferenze, i denti tritano e sminuzzano equanimi.
Gli spaghetti sono un'entità collettiva nella ceramica del piatto fondo, tutti egualmente cotti, scolati e conditi.
Indistinguibili per gli occhi, per il palato, e a maggior ragione lo stomaco, che li digerisce e li caga.
Nel mio caso non senza qualche problema.
...
Il probelma nella mia vita con la P.IVA è che i progetti che porto avanti si incastrano tutti indiscriminatamente tra i tasti del mio PC, che word e acrobat li salvano senza preferenze, che chi li legge li trita e sminuzza equanime.
Le mie idee sono un'entità collettiva nel silicio del mio hard disk, tutti egualmente studiati, lavorati e cesellati.
Ahimé indistinguibili per chi li vede, valuta e caga via.
Non è che tutti siano uguali, né che tutti stiano ricevendo le stesse risposte.
Ehi, in fondo lavoro.
Però non ce n'è uno che al momento sia più vermicello degli altri.
Uno che possa seguirte fino in fondo, dovunque sia il fondo.
Uno che mi diverta a tirar su con la boccuccia a bacio.
E' tutto così uniforme che mi sembra di non fare davvero nulla, se non arrotolare i pensieri e metterli in bocca.
Ed è in questa indeterminatezza che s'annega il pensier mio, bruciato di peperoncino, macchiato d'olio e appestato d'aglio.
Ha senso, a leggerlo?
A
*Sono colpevole di molte cose, ma NON di esser fan dei Guns'n'Roses. Li cito solo per assonanza.
venerdì 9 aprile 2010
giovedì 8 aprile 2010
Tentare cuoce
Personalmente, mi piace ben cotta.
Però non bisogna dimenticarsela sulla fiamma, sennò si finisce per mangiar carbone peggio che alla Befana. In effetti, cuocere una bistecca è un'arte, e mica tutti ci sono portati.
...
- Tentar non nuoce
mi dice questo amico inviandomi un paio di contatti.
Ha ragione e naturalmente lo ringrazio per il pensiero.
Però in questo ultimo periodo di contatti ne ho presi davvero un sacco, e ho mandato almeno un paio di sacchi di mail, e direi un vagone di sacchi postali di proposte&progetti&prospetti.
Tutti perché tentare non nuoce, in effetti.
Non avevo considerato però che non tutti evidentemente sono lì al pc che
- Deh, mi è arrivato un bel proposta&progetto&prospetto, 'spetta che gli rispondo
In effetti i miei contatti ricevono presumo una saccata di proposte&progetti&prospetti, e non è che possano rispondere a tutti in tempo reale.
Quindi, chi i pro&pro&pro li manda deve sapere attendere.
E l'attesa, ahimé, cuoce.
...
Il fuoco sotto alla sedia è una gran metafora.
Ovviamente nessuno mi sta cuocendo, friggendo o grigliando.
Ma altrettanto ovviamente, quando arrivo a mandare un progetto a un contatto è perché lo ritengo buonobellointeressante, quindi la prima reazione dopo 24 ore di attesa è
- Cazzo non gli interessa
il che è abbastanza scoraggiante.
Dopo 48 ore la reazione è
- Impossibile non l'abbia letto: gli fa cagare
e dopo 72 arriviamo al
- Sono una m#*d@ che non sa fare un c@dso.
A seguire alti lai, dolori del non-più-giovane-Mauri, ubriachezza molesta, sonno ristoratore e quindi nuovo entusiasmo. Quell'entusiasmo terribile che fa ricominciare il giro.
Ma, ad ogni nuovo invio, sento al temperatura salire. Sento al tensione. La cottura che inevitabilmente si avvia alla bruciatura.
Insomma, provare è lecito.
Inviare è doveroso.
Non rispondere in tempi brevi prassi.
Farsi cuocere al fuoco lento dell'altrui silenzio, però, è un'arte.
A
Però non bisogna dimenticarsela sulla fiamma, sennò si finisce per mangiar carbone peggio che alla Befana. In effetti, cuocere una bistecca è un'arte, e mica tutti ci sono portati.
...
- Tentar non nuoce
mi dice questo amico inviandomi un paio di contatti.
Ha ragione e naturalmente lo ringrazio per il pensiero.
Però in questo ultimo periodo di contatti ne ho presi davvero un sacco, e ho mandato almeno un paio di sacchi di mail, e direi un vagone di sacchi postali di proposte&progetti&prospetti.
Tutti perché tentare non nuoce, in effetti.
Non avevo considerato però che non tutti evidentemente sono lì al pc che
- Deh, mi è arrivato un bel proposta&progetto&prospetto, 'spetta che gli rispondo
In effetti i miei contatti ricevono presumo una saccata di proposte&progetti&prospetti, e non è che possano rispondere a tutti in tempo reale.
Quindi, chi i pro&pro&pro li manda deve sapere attendere.
E l'attesa, ahimé, cuoce.
...
Il fuoco sotto alla sedia è una gran metafora.
Ovviamente nessuno mi sta cuocendo, friggendo o grigliando.
Ma altrettanto ovviamente, quando arrivo a mandare un progetto a un contatto è perché lo ritengo buonobellointeressante, quindi la prima reazione dopo 24 ore di attesa è
- Cazzo non gli interessa
il che è abbastanza scoraggiante.
Dopo 48 ore la reazione è
- Impossibile non l'abbia letto: gli fa cagare
e dopo 72 arriviamo al
- Sono una m#*d@ che non sa fare un c@dso.
A seguire alti lai, dolori del non-più-giovane-Mauri, ubriachezza molesta, sonno ristoratore e quindi nuovo entusiasmo. Quell'entusiasmo terribile che fa ricominciare il giro.
Ma, ad ogni nuovo invio, sento al temperatura salire. Sento al tensione. La cottura che inevitabilmente si avvia alla bruciatura.
Insomma, provare è lecito.
Inviare è doveroso.
Non rispondere in tempi brevi prassi.
Farsi cuocere al fuoco lento dell'altrui silenzio, però, è un'arte.
A
mercoledì 7 aprile 2010
Amici di cornetta
Qualcuno aveva gli amici di penna.
Adesso ci sono le amicizie di cornetta, le conoscenze via mail, i contatti di facebook, le relazioni in webcam, le chiacchiarate da chat, gli amanti in sms.
Eccetera
...
Si possono catalogare le relazioni umane in base al media attraverso cui si esplicitano.
E adesso di media ce ne sono un sacco.
Io, con la diversa (dis)occupazione sono nella mia fase telefonica.
E' un bel passo avanti rispetto alla fase webmail, e molti la preferiscono alla fase successiva, che è quella del vedersi per davvero.
- No, guarda, ti chiamo in settimana che ce la sbrighiamo
dico a un Cliente.
Perché io sono appunto uno di quelli che, ultimamente, preferisce la cornetta.
Andare da qualcuno significa traffico.
Metropolitana.
Biglietti da timbrare.
Eppoi l'odiosa simmetria tra il mio anticipo e il suo ritardo, l'inevitabilità dei contrattempi, gli imprescindibili caffé-a-cottimo, col loro bagaglio di veglia e cacarella.
E la fiatella.
La mano sudata.
Il suo colletto troppo stretto e le mie scarpe troppo strette.
Disgustoso.
Ma mica per misogenia.
Per giustapposizione all'alternativa.
Una telefonata dalla poltrona di casa.
Il sole in faccia, l'aria della finestra accostata sui primi scampoli di primavera, la lavanda che evapora nel brucia essenze.
Ho cucinato, mangiato e lavato i piatti, appena mezz'ora fa.
Sono nel pieno possesso dei miei pèasti, dei miei abiti e delle mie facoltà, facondia inclusa.
Niente
- Ah, questo l'ho dimenticato...
o
- Beh, per questo dovrei controllare a casa se...
Sol un
-Pronto!
proattivo come se quelle montagne innevate là in fondo le dovessi scavalcare con la voce, qui e ora.
...
Nell'era digitale, tutti si portano il lavoro in giro. E' il senso di avere uno smart-phone che, con l'application giusta, sventa le rapine in posta mentre calcola il pi-greco fino alla milionesima cifra.
Avere il lavoro sempre alle calcagna però è la peggior jattura che ti possa capitare, perfino se il tuo lavoro ti piace.
Nah. Francamente il lavoro preferisco farmelo arrivare a casa.
Si parte da internet, poi si passa alla cornetta. Quella sopra la scrivania.
Magari cordless, ma tutto lì.
Così quando esco è per la chiacchiera, il parco, la piscina.
Il caro vecchio contatto umano.
Che però non è un lavoro.
E' una Storia, con tutto quel che ne consegue.
Non so perché, ma credo che Chiunque abbia inventato il mondo, l'abbia pensato più per le storie che le application.
A
Adesso ci sono le amicizie di cornetta, le conoscenze via mail, i contatti di facebook, le relazioni in webcam, le chiacchiarate da chat, gli amanti in sms.
Eccetera
...
Si possono catalogare le relazioni umane in base al media attraverso cui si esplicitano.
E adesso di media ce ne sono un sacco.
Io, con la diversa (dis)occupazione sono nella mia fase telefonica.
E' un bel passo avanti rispetto alla fase webmail, e molti la preferiscono alla fase successiva, che è quella del vedersi per davvero.
- No, guarda, ti chiamo in settimana che ce la sbrighiamo
dico a un Cliente.
Perché io sono appunto uno di quelli che, ultimamente, preferisce la cornetta.
Andare da qualcuno significa traffico.
Metropolitana.
Biglietti da timbrare.
Eppoi l'odiosa simmetria tra il mio anticipo e il suo ritardo, l'inevitabilità dei contrattempi, gli imprescindibili caffé-a-cottimo, col loro bagaglio di veglia e cacarella.
E la fiatella.
La mano sudata.
Il suo colletto troppo stretto e le mie scarpe troppo strette.
Disgustoso.
Ma mica per misogenia.
Per giustapposizione all'alternativa.
Una telefonata dalla poltrona di casa.
Il sole in faccia, l'aria della finestra accostata sui primi scampoli di primavera, la lavanda che evapora nel brucia essenze.
Ho cucinato, mangiato e lavato i piatti, appena mezz'ora fa.
Sono nel pieno possesso dei miei pèasti, dei miei abiti e delle mie facoltà, facondia inclusa.
Niente
- Ah, questo l'ho dimenticato...
o
- Beh, per questo dovrei controllare a casa se...
Sol un
-Pronto!
proattivo come se quelle montagne innevate là in fondo le dovessi scavalcare con la voce, qui e ora.
...
Nell'era digitale, tutti si portano il lavoro in giro. E' il senso di avere uno smart-phone che, con l'application giusta, sventa le rapine in posta mentre calcola il pi-greco fino alla milionesima cifra.
Avere il lavoro sempre alle calcagna però è la peggior jattura che ti possa capitare, perfino se il tuo lavoro ti piace.
Nah. Francamente il lavoro preferisco farmelo arrivare a casa.
Si parte da internet, poi si passa alla cornetta. Quella sopra la scrivania.
Magari cordless, ma tutto lì.
Così quando esco è per la chiacchiera, il parco, la piscina.
Il caro vecchio contatto umano.
Che però non è un lavoro.
E' una Storia, con tutto quel che ne consegue.
Non so perché, ma credo che Chiunque abbia inventato il mondo, l'abbia pensato più per le storie che le application.
A
martedì 6 aprile 2010
Get an haircut and get a real job
Non lasciateci giocare i bambini.
Non è pericoloso come una lametta ma non si sa mai.
...
Ascolto questa Seria professionista che mi dice
- Datti una sistemata.
E ho preso alla lettera.
Mi sono rifatto il look.
Dato una ripulita.
Sbarbato e riordinato.
Insomma, ho fatto opera di restyling, quasi come Micheal Moore, ma senza i suoi chili in eccesso.
L'ho fatto perché
- L'apparenza conta.
e perché
- L'abito fa il monaco
e naturalmete perché
- Il libro si giudica dalla copertina.
Guarda caso, fatto il taglio sono spuntati subito i colloqui.
Come se i bulbi professional-lavorativi fossero soffocati da quelli piliferi.
Come un Sansone al contrario.
Come se il mio parrucchiere avesse un'agenzia di job service.
Oppure contatti in alto.
- Visto? Funziona
Direbbe un'addetta al visage e al peeling.
Solo... Chi mi ha chiamato -chi ha finalmente risposto ai miei curriculum- non poteva sapere del mio aggiustamento, giusto?
Eppure, sta di fatto che con il taglio di capelli le cose hanno iniziato a funzionare, a girare, a muoversi.
Perché?
...
Per "pensiero magico" si intende la propensione ad accostare due cose come se fossero in relazione di causa-effetto, anche se non esiste nessuna reale correlazione.
Ad esempio: il sole sorge perché il gallo canta.
Beh, i colloqui arrivano se ti tagli i capelli.
Oppure perché chi-la-dura-la-vince, e se continui a provarci, nonostante il taglio di capeli, le cose succedono.
Delle due l'una.
In ogni caso viva Silvan.
A
Non è pericoloso come una lametta ma non si sa mai.
...
Ascolto questa Seria professionista che mi dice
- Datti una sistemata.
E ho preso alla lettera.
Mi sono rifatto il look.
Dato una ripulita.
Sbarbato e riordinato.
Insomma, ho fatto opera di restyling, quasi come Micheal Moore, ma senza i suoi chili in eccesso.
L'ho fatto perché
- L'apparenza conta.
e perché
- L'abito fa il monaco
e naturalmete perché
- Il libro si giudica dalla copertina.
Guarda caso, fatto il taglio sono spuntati subito i colloqui.
Come se i bulbi professional-lavorativi fossero soffocati da quelli piliferi.
Come un Sansone al contrario.
Come se il mio parrucchiere avesse un'agenzia di job service.
Oppure contatti in alto.
- Visto? Funziona
Direbbe un'addetta al visage e al peeling.
Solo... Chi mi ha chiamato -chi ha finalmente risposto ai miei curriculum- non poteva sapere del mio aggiustamento, giusto?
Eppure, sta di fatto che con il taglio di capelli le cose hanno iniziato a funzionare, a girare, a muoversi.
Perché?
...
Per "pensiero magico" si intende la propensione ad accostare due cose come se fossero in relazione di causa-effetto, anche se non esiste nessuna reale correlazione.
Ad esempio: il sole sorge perché il gallo canta.
Beh, i colloqui arrivano se ti tagli i capelli.
Oppure perché chi-la-dura-la-vince, e se continui a provarci, nonostante il taglio di capeli, le cose succedono.
Delle due l'una.
In ogni caso viva Silvan.
A
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