Che regalo dimmerda.
Ieri esco per l'ultima volta dalla mia redazione.
Milano miracolosamente soleggiata e quasi tiepida nonostante la neve.
Controllo il conto in banca e scopro che effettivamente risparmiare serve, che ho un po' più dindi del previsto e che quindi ho un bonus per i regali ancora da comprare.
Poi mi ciulano la borsa.
E ovviamente lo spirito natalizio và a farsi benedire.
...
Non mi metto a parafrasare il celebre monologo di Albanese e del suo motorino, però certamente di accidenti al ladro ne ho tirati parecchi.
Coloriti.
E molto perversi.
Nella borsa, oltre a vari documenti e a un paio di regali, c'erano la mia macchinetta fotografica -quello che ho usato finora, e in cui c'erano almeno un altro paio di foto per il blog- gli appunti e i file dell'ultimo mese di scrittura e, soprattutto, la mia penna preferita.
Valore complessivo?
Una ventina di euro.
Ma cazzo recuperarle sarà impossibile.
Siccome sono convinto che sia molto rincuorante trovare un senso alle cose assolutamente insensate che ci accadono, oltre a inventare bestemmie ieri ho anche pensato ai perchéepercome di un borseggio proprio nel mio ultimo giorno di lavoro.
Fatalista:
- Oggi tutte a me, porcoEtc.
Ottimista:
- Evidentemente è la fine di un ciclo: si volta pagina.
Pessimista
- Ecco, non dovevo farmi venire grilli per la testa: mettermi a scrivere è stata una bella idea dell'Etc.
Cinica
- Era il giorno sfortunato di quello stronzo di borseggiatore, che con quello che ha trovato non si fa manco un Etc di caffé
Destrutturante
- Sarà lo spunto per un racconto
Esoterica
- Significa che la gente sta male e non devo sprecare soldi in regali
Vi risparmio le altre, più che altro perché mi accorgo che sto uscendo dal seminato.
In questo blog si parla di post-precarietà, giusto?
Bene: allora la morale, per un occupato terminale, è che anche l'ipotesi di darsi al borseggio, quando il c/c piangerà, purtroppo non sarà percorribile.
Empatizzerei troppo con la vittima.
...
C'è stato un periodo in cui, ascoltando De Andrè, simpatizzavo con chi ruba per il pane.
Credo che il disperato che mi ha preso la borsa appartenga a questa categoria.
Un poveraccio, che magari due o tre mesi fa aveva un lavoro precario come quello che va terminandomi, e che adesso si trova a fare i conti con pignoramenti, interessi e figli a carico.
Chiaramente mi spiace per lui.
Ma se c'è una cosa che ho imparato ieri è che mai, mai, ma mai proprio è lecito rubare la borsa di qualcuno.
Piuttosto, come dice quel prete anglicano di cui ho letto, rubiamo nei supermercati.
Ecco, tu stronzo che probabilmente mi hai pure maledetto per non averti fatti trovare un portafogli gonfio nella borsa: il mio regalo di Natale è un consiglio... Che finisce, via blog, anche a tutti quelli che potrebbero pensare di far qualcosa di simile, magari tra un paio di mesi, quando le cose cominceranno ad andare davvero male.
La prossima volta ruba qualcosa da mangiare.
In una borsa potresti non trovare nulla, ma di sicuro toglieresti qualcosa di prezioso a chi ce l'aveva.
Essere stronzi, e per di più senza tornaconto, peggiora la vita di tutti. Compresa la tua.
Buon Natale.
Natale una sega.
A
giovedì 24 dicembre 2009
mercoledì 23 dicembre 2009
E io mi stufo.
Consuma, ma tanto il Governo ha individuato i siti per le centrali nucleari...
Un gran freddo a Milano e dintorni, quindi dò una mano ai caloriferi.
Secondo qualcuno non è molto macho avere una stufetta.
Beh, quel qualcuno probabilmente non patisce il freddo.
...
Ieri in metro incontro il mio Primo Direttore, che poi è quello per colpa/grazie al quale faccio il giornalista.
- Allora hai mollato il lavoro? Hai fatto bene, se non ti dava più soddisfazione.
Dice. Ed è, come sempre, molto rincuorante sentirselo dire.
In effetti, per me qualunque cosa dica lui è molto rincuorante.
Diciamo che, professionalmente parlando, ho una specie di "cotta" per lui.
Anche il mio Primo Direttore aveva lasciato un posto che non gli piaceva più, a suo tempo.
Il giornale per cui scrivevo anch'io.
Incomprensioni, pressioni, ambizioni... Tutto quel misto di motivazioni che stanno quasi sempre dietro all'interruzione di un rapporto lavorativo.
Gestì la cosa da signore.
- Prima che te lo dicano altri,
mi disse, dopo avermi chiamato nel suo ufficio
- ...voglio farti sapere che me ne vado. Qui le cose andranno avanti, ma senza di me.
Io biascicai un
- Sì.
Ma sapevo che le cose non sarebbero andate avanti. Almeno non per me. Non lì, comunque.
Il mio Primo Direttore non era uno dei motivi per cui lavoravo in quella redazione: era il motivo.
Ci misi un anno ad accorgermene, in realtà. Ma la storia era già scritta: dovevo solo leggerla.
Un po' come ora. La storia della fine di questo rapporto forse era scritta fin sulla prima pagina.
E' come se il titolo di questo capitolo della vita fosse "parentesi nella vita lavorativa del protagonista". Non c'era da aspettarsi durasse a lungo, tantomeno che fosse l'impiego della vita.
Ma quando si arriva al climax di una storia, il lettore appassionato riesce a dimenticare completamente quello che già dovrebbe sapere. Credo sia l'istinto di sopravvivenza delle emozioni.
-Se lo sai già, non sarai stupito. E tu vuoi restare stupito, no?
Immagino mi dica il mio ES, senza che io coscientemente l'ascolti.
Ecco, a mollare questo lavoro, quello di cui oggi termino di onorare-il-contratto ci ho messo un anno e mezzo. Più o meno il tempo che ci ho passato. Ma me ne sono reso davvero conto solo qualche settimana fa. E solo ora sta capitandomi.
Direi che non ci sono rimpianti, solo qualche paura.
La paura che il riscaldamento non scaldi abbastanza, e che la stufatta non parta.
...
- Hai fatto bene, mi ha detto il mio Primo Direttore.
Che però non è mai stato un diversamenrte occupato: andandosene, lui aveva già la nuova scrivania ad aspettarlo.
Lui probabilmente freddo non l'ha mai provato.
Sono rincuorato, certo.
Ma non vedo l'ora di provare ad accendere la stufetta dei mille progetti che dovrebbero scaldarmi il reddito in questo periodo rigido. Giusto per vedere se funziona, ecco.
A
Un gran freddo a Milano e dintorni, quindi dò una mano ai caloriferi.
Secondo qualcuno non è molto macho avere una stufetta.
Beh, quel qualcuno probabilmente non patisce il freddo.
...
Ieri in metro incontro il mio Primo Direttore, che poi è quello per colpa/grazie al quale faccio il giornalista.
- Allora hai mollato il lavoro? Hai fatto bene, se non ti dava più soddisfazione.
Dice. Ed è, come sempre, molto rincuorante sentirselo dire.
In effetti, per me qualunque cosa dica lui è molto rincuorante.
Diciamo che, professionalmente parlando, ho una specie di "cotta" per lui.
Anche il mio Primo Direttore aveva lasciato un posto che non gli piaceva più, a suo tempo.
Il giornale per cui scrivevo anch'io.
Incomprensioni, pressioni, ambizioni... Tutto quel misto di motivazioni che stanno quasi sempre dietro all'interruzione di un rapporto lavorativo.
Gestì la cosa da signore.
- Prima che te lo dicano altri,
mi disse, dopo avermi chiamato nel suo ufficio
- ...voglio farti sapere che me ne vado. Qui le cose andranno avanti, ma senza di me.
Io biascicai un
- Sì.
Ma sapevo che le cose non sarebbero andate avanti. Almeno non per me. Non lì, comunque.
Il mio Primo Direttore non era uno dei motivi per cui lavoravo in quella redazione: era il motivo.
Ci misi un anno ad accorgermene, in realtà. Ma la storia era già scritta: dovevo solo leggerla.
Un po' come ora. La storia della fine di questo rapporto forse era scritta fin sulla prima pagina.
E' come se il titolo di questo capitolo della vita fosse "parentesi nella vita lavorativa del protagonista". Non c'era da aspettarsi durasse a lungo, tantomeno che fosse l'impiego della vita.
Ma quando si arriva al climax di una storia, il lettore appassionato riesce a dimenticare completamente quello che già dovrebbe sapere. Credo sia l'istinto di sopravvivenza delle emozioni.
-Se lo sai già, non sarai stupito. E tu vuoi restare stupito, no?
Immagino mi dica il mio ES, senza che io coscientemente l'ascolti.
Ecco, a mollare questo lavoro, quello di cui oggi termino di onorare-il-contratto ci ho messo un anno e mezzo. Più o meno il tempo che ci ho passato. Ma me ne sono reso davvero conto solo qualche settimana fa. E solo ora sta capitandomi.
Direi che non ci sono rimpianti, solo qualche paura.
La paura che il riscaldamento non scaldi abbastanza, e che la stufatta non parta.
...
- Hai fatto bene, mi ha detto il mio Primo Direttore.
Che però non è mai stato un diversamenrte occupato: andandosene, lui aveva già la nuova scrivania ad aspettarlo.
Lui probabilmente freddo non l'ha mai provato.
Sono rincuorato, certo.
Ma non vedo l'ora di provare ad accendere la stufetta dei mille progetti che dovrebbero scaldarmi il reddito in questo periodo rigido. Giusto per vedere se funziona, ecco.
A
martedì 22 dicembre 2009
Neve-da-ardere
A Milano ne abbiamo da buttare.
Nevica.
Non è esattamente una sorpresa, ma ha lasciato lo stesso tutti a bocca aperta.
Alcuni si divertono a vedere il fiato che si condensa in una nuvola di fumo bianco.
Altri sono semplicemente senza parole di fronte allo spettacolo dei fiocchi.
La maggior parte invece bestemmia a piena mascella, perché con la neve a Milano non ci si muove e hai voglia ad avvisare che farai ritardo.
...
Penultimo giorno a questa scrivania che da diciottomesi in qua chiamo mia.
Poi vacanza, dritto fino all'ultimo giorno del contratto-che-vado-onorando.
L'idea di aprire un programma per lavorare a qualche ultimo montaggio mi abbatte.
Sarei così lento.
Tutto quello che ho nel PC e negli HD mi è così alieno che per ritrovare un file perderei una giornata. La tastiera e il monitor continuano a fregarmi coi refusi. Anche il puntatore è in ritardo sul laser-mouse.
Mi guardo attorno.
Una spoglia scrivania bianca.
Ci metto una mattina a svuotare il cestello della carta.
Un pomeriggio mi prenderò per controllare i cassetti. Mettere via le penne. Gettare appunti e fogli volanti.
Non si lascia niente.
Certo, potrei tornare a gennaio a controllare a riprendere a cercare.
Ma non voglio farlo.
Questo sarà un addio, cheddiamine.
E da domani l'altro, la ruota girerà fino a nascondere questa redazione.
- Pranziamo insieme, ché domani me ne vado?
chiedo ad alcuni colleghi.
Non posso non ci sono non ho soldi non ho tempo non.
La neve non concilia un addio mangereccio.
Va bene così. Sarà un addio professionale, il che credo sia appropriato.
...
La neve nel cestino della spazzatura la porterà via il netturbino?
Arriverà il netturbino?
Si scioglierà e basta?
In ogni caso, giurerei che tra un mese la neve in eccesso l'avremo buttata tutta.
O messa a posto, cioè. Dove non dà noia.
Siamo a Milano, infondo.
La capitale del lavoro e dell'efficienza e del trasporto su gomma.
Tra un mese, insomma, nessuno avrà più scuse per essere lento e freddo e impantanato.
Me compreso.
Ma oggi, accidenti a Milano, anch'io mi sento davvero bloccato.
A
Nevica.
Non è esattamente una sorpresa, ma ha lasciato lo stesso tutti a bocca aperta.
Alcuni si divertono a vedere il fiato che si condensa in una nuvola di fumo bianco.
Altri sono semplicemente senza parole di fronte allo spettacolo dei fiocchi.
La maggior parte invece bestemmia a piena mascella, perché con la neve a Milano non ci si muove e hai voglia ad avvisare che farai ritardo.
...
Penultimo giorno a questa scrivania che da diciottomesi in qua chiamo mia.
Poi vacanza, dritto fino all'ultimo giorno del contratto-che-vado-onorando.
L'idea di aprire un programma per lavorare a qualche ultimo montaggio mi abbatte.
Sarei così lento.
Tutto quello che ho nel PC e negli HD mi è così alieno che per ritrovare un file perderei una giornata. La tastiera e il monitor continuano a fregarmi coi refusi. Anche il puntatore è in ritardo sul laser-mouse.
Mi guardo attorno.
Una spoglia scrivania bianca.
Ci metto una mattina a svuotare il cestello della carta.
Un pomeriggio mi prenderò per controllare i cassetti. Mettere via le penne. Gettare appunti e fogli volanti.
Non si lascia niente.
Certo, potrei tornare a gennaio a controllare a riprendere a cercare.
Ma non voglio farlo.
Questo sarà un addio, cheddiamine.
E da domani l'altro, la ruota girerà fino a nascondere questa redazione.
- Pranziamo insieme, ché domani me ne vado?
chiedo ad alcuni colleghi.
Non posso non ci sono non ho soldi non ho tempo non.
La neve non concilia un addio mangereccio.
Va bene così. Sarà un addio professionale, il che credo sia appropriato.
...
La neve nel cestino della spazzatura la porterà via il netturbino?
Arriverà il netturbino?
Si scioglierà e basta?
In ogni caso, giurerei che tra un mese la neve in eccesso l'avremo buttata tutta.
O messa a posto, cioè. Dove non dà noia.
Siamo a Milano, infondo.
La capitale del lavoro e dell'efficienza e del trasporto su gomma.
Tra un mese, insomma, nessuno avrà più scuse per essere lento e freddo e impantanato.
Me compreso.
Ma oggi, accidenti a Milano, anch'io mi sento davvero bloccato.
A
lunedì 21 dicembre 2009
Giro-vita
Tra un po' mi esploderanno i pantaloni.
Pranzi, cene, rimpatriate.
Molti, visto che chebello conosco tanti gruppi diversi di persone.
Redazioni bocconiani compagnie colleghi amici parenti.
Si alzano i trigliceridi si abbassano gli euri.
Cresce il giro vita e scende il portafogli che ho in saccoccia.
...
Ieri -anche ieri- grande cena a casa d'amico.
Non così grande, in realtà: pizza.
Battute e amenità e alcol quanto serve per far parlare un po' tutti dei fatti loro.
- Casa nuova perché in quella vecchia non ci sta più il televisore
o
- Chiamiamo una baby sitter perché insomma noi si parte per le feste e si va ai tropici
o anche
- Una settimana ad Amsterdam un'altra credo poi a Berlin prenoto ora che risparmio sull'aereo...
Tutte cose legittime e normali e belle.
Ma il tipo di pensieri che ha chi ha almeno un paletto nella vita.
Un reddito.
Ero tra amici ma li sentivo chepeccato distanti.
Non per colpa loro.
Non era questione di invidia o chessoio: ci ho pensato, ma in effetti non riesco a interessarmi seriamente a un televisore o a una vacanza.
Il punto è che loro sembrano tutti così già nella direzione giusta.
Come il Tal Manager che mi dice
- Specializzati
Se devi bucare un'asse, non puoi stederci il mattarello. Devi infilare una vite, e su un punto giraregiraregirare.
...
Ecco, quello che mi manca è un giro di vite. Anzi, di vita.
Non sono sicuro di sapere qual è il piano da bucare. Il punto su cui far leva.
Però penso di aver capito che riguarda il raccontare storie.
Bene, adesso mi serve solo la filettatura e spingere, girare, torcere.
Speriam non faccia male.
A
Pranzi, cene, rimpatriate.
Molti, visto che chebello conosco tanti gruppi diversi di persone.
Redazioni bocconiani compagnie colleghi amici parenti.
Si alzano i trigliceridi si abbassano gli euri.
Cresce il giro vita e scende il portafogli che ho in saccoccia.
...
Ieri -anche ieri- grande cena a casa d'amico.
Non così grande, in realtà: pizza.
Battute e amenità e alcol quanto serve per far parlare un po' tutti dei fatti loro.
- Casa nuova perché in quella vecchia non ci sta più il televisore
o
- Chiamiamo una baby sitter perché insomma noi si parte per le feste e si va ai tropici
o anche
- Una settimana ad Amsterdam un'altra credo poi a Berlin prenoto ora che risparmio sull'aereo...
Tutte cose legittime e normali e belle.
Ma il tipo di pensieri che ha chi ha almeno un paletto nella vita.
Un reddito.
Ero tra amici ma li sentivo chepeccato distanti.
Non per colpa loro.
Non era questione di invidia o chessoio: ci ho pensato, ma in effetti non riesco a interessarmi seriamente a un televisore o a una vacanza.
Il punto è che loro sembrano tutti così già nella direzione giusta.
Come il Tal Manager che mi dice
- Specializzati
Se devi bucare un'asse, non puoi stederci il mattarello. Devi infilare una vite, e su un punto giraregiraregirare.
...
Ecco, quello che mi manca è un giro di vite. Anzi, di vita.
Non sono sicuro di sapere qual è il piano da bucare. Il punto su cui far leva.
Però penso di aver capito che riguarda il raccontare storie.
Bene, adesso mi serve solo la filettatura e spingere, girare, torcere.
Speriam non faccia male.
A
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