mercoledì 14 aprile 2010

All'indietro

Indietro e avanti.



Vedere le cose dalla parte opposta, come appunto nello specchietto retrovisore.

...

Ieri ho dormito a Milano, e stamattina sono tornato a casa.
Ho preso le solite metro, ma in direzione opposta.
- Ciao.
mi ha detto un Amico che di solito ci facevo il viaggio insieme.
- Oh, ciao
mi ha ridetto quando si è reso conto che mentre lui scendeva io stavo salendo
- Eh, ciao!
mi ha detto, finalmente sveglio, dopo aver fatto colazione al bar.
Lo so perché mi ha mandato un sms.

Ho viaggiato in metro per gran parte della mia vita adulta.
Tutte le mattine biglietto, banchina, occhi pesti.
Arriva il convoglio, si aprono le porte, si sale.
Dalla provinvia alla città, io con un milione circa di studentimanovalicollettibianchiricercatorisegretariebellefighevecchiettipalestratisudaticciodoriforti
et similia.
Prima andavo all'università.
Poi al lavoro numero 1.
Poibis al lavoro numero 2.
Poiter al lavoro numero 3.
Adesso ci vado per i lavori con la P.IVA.

Ma in tutti questi anni, beh, non mi era mai successo di fare il viaggio al contrario.
Non al mattino, cioè. Non da pendolare che da Milano va nella provincia.
- A tornare in provincia non troverò nessuno, a quest'ora.
mi dicevo.
Le metro affollate in questa direzione impari ad aspettartele la sera, quando gli uffici chiudono, o all'ora di pranzo, quando chiudono le classi. Cioè quando torni tu, pendolare verso la città.

E' stata una bella scoperta scoprire che ci sono anche i pendolari dalla città.
Che alle ottemmezza, da Milano, sulle metro trovi studentimanovalicollettibianchiricercatorisegretariebellefighevecchiettipalestratisudaticciodoriforti
et similia. Certo, mica gli stessi. però li trovi. Almeno altrettanti che in direzione opposta.

E un gran ribaltarsi di persone, tra Milano e la provincia, la mattina.

Si lavora dappertutto.
C'è lavoro dappertutto.
Sono letteralmente circondato dal lavoro, in qualunque direzioni guardi.
Avanti.
Indietro.
Indietro guardando avanti.

D'altronde, vivo a Milano.
Il milanse è così, giusto?
Lavorolavorolavoro.
lavoro a casa.
Lavoro in città.
Lavoro persino nel tragitto, con tutti quei netbook sulle ginocchia.

...

Ho passato gli ultimi anni della mia vita a pensare che il viaggio mattutino a Milano fosse una metafora.
L'uscita dall'Età dell'Oro, dalla bucolica fanciullezza, la fine dell'infanzia.
Celebrata ogni mattina e ogni sera rinnegata col ritorno a casettamiabella.
L'ordine era Milano per lavorare e casa per tutto il resto.
Ma c'è chi a lavorare va proprio nel paese dei balocchi che mi lasciavo alle spalle.
Paese che, temo, non sia mai esistito fuori dalla mia testa.

Stamattina, non senza un senso di vertigine, mi sono sentito assurdamente apolide.

Ha senso, a leggerlo?

A

6 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Sì, sì ha senso.

    E viene anche da domandarsi: ma i due gruppi di pendolari non potrebbero vicendevolmente scambiarsi i lavori?

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  3. Eh ci avevo pensato anch'io! Ma senza pendolari poi non ci sarebbe più la metro, e sarebbe un peccato...

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  4. Ha senso, e ogni tento serve cambiare punto di vista... si sfatano un sacco di miti personali!
    Buon viaggio

    Elena

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  5. ...Già, Elena. Poi però è importante sostituirli, quei miti sfatati, che sennò si rimane senza... (vedi post di ieri)

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  6. è un po' come salire sul banco e gridare "CAPITANO, MIO CAPITANO!". serve cambiare punto di vista, eccome se serve.

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